Nelle redazioni c’è un bug, come dicono gli informatici, un baco, un errore che mina la funzionalità del programma: il titolo. Anzi, direi la “titolazione”, per elevare questa funzione al rango di funzione. Anche in presenza delle migliori intenzioni di chi lavora alla catena di produzione dell’informazione, il titolo buttato lì secondo cliché consueti vanifica il buon giornalismo.
Un esempio questa mattina dal Corriere della Sera, che ha il merito di impegnarsi in un racconto dell’Unione europea diverso dal solito schema dello “scontro Roma-Bruxelles” di cui è prigioniera l’informazione nazionale: alle pagine 16 e 17 l’appuntamento con “Un viaggio in 100 giorni” dedicato all’Ue, con un bel servizio di Francesco Giambertone sulla Croazia (presieduta da una donna di “soli” cinquant’anni) e una colonna di Milena Gabanelli sui meccanismi decisionali nelle istituzioni comunitarie e il ruolo dei portatori di interessi. A pagina 2 una riflessione di Federico Fubini sul Documento di Economia e Finanza presentato ieri al Consiglio dei Ministri, che parla di rispetto delle regole e di isolamento dell’Italia dai partner europei. La sintesi del titolo? “Roma torna nel mirino Ue”. L’uso della parola mirino allude a un’arma, a una situazione bellica o comunque a una minaccia di cui noi italiani saremmo vittime.
Istituite una scuola per titolisti, vi prego.