Negli ultimi 5 anni in Italia i quotidiani hanno continuato a perdere lettori. Tra versione cartacea e digitale, a novembre 2018 il Corriere della Sera ha diffuso 275.998 copie contro le 464.428 di cinque anni prima (-40,6%); la Repubblica 209.362 contro 382.234 (-45,2%) – fonte: il Post (da dati ADS).
All’inizio della rivoluzione digitale gli editori e i giornalisti si sono molto concentrati sulle tecnologie e i mezzi di diffusione delle notizie. Per un po’ (un po’ troppo a lungo) hanno sperato che i ricavi della pubblicità online avrebbero potuto compensare la perdita di copie. Quando hanno capito che la speranza sarebbe stata vana hanno avviato ristrutturazioni organizzative, favorendo una separazione in casa sempre più netta tra professionisti molto ben pagati e reclute precarie, con ben poche garanzie e retribuzione modesta. Uno degli effetti di questa dinamica è consistito nell’interruzione del filo che legava una generazione all’altra attraverso la trasmissione della competenza. E il processo virtuoso che che generava innovazione grazie alla possibilità di innestare nuove visioni sull’esperienza.
A causa di questo iato profondo, gli addetti ai lavori hanno continuato a reagire alla crisi cercando risposte nelle tecnologie, ignorando che il cambiamento in atto ha modificato l’oggetto dei loro sforzi: la notizia. La natura della notizia è cambiata perché sono cambiati i mezzi e sono cambiati anche i fruitori, i lettori. Interessi, tempi, luoghi e modalità di fruizione hanno riconfigurato il concetto stesso di informazione, in un processo di trasformazione al quale hanno contribuito i canali di distribuzione e i mezzi di produzione, con il conseguente accesso al settore di nuove fonti a costi sempre più bassi (e – spesso ma non sempre – qualità degradante).
Ma sono cambiati anche i ruoli: il lettore può contribuire all’informazione in diversi modi. Fornisce dati grezzi (soprattutto video e foto, dato che tutti circoliamo con una fotocamera e una telecamera in tasca). Apporta testimonianze orali e scritte. Commenta. E in un processo virtuoso può diventare co-produttore dell’informazione.
Scommettiamo che molti lettori sarebbero disponibili ad assumere l’occasionale qualifica di corrispondente “verificato” per contributi estemporanei?